Obbligo di verifica dell’età nei siti adulti: l’Italia scopre Internet (forse)
Da poco in Italia è arrivato l’obbligo di verifica dell’età per accedere ai siti per adulti. Sì, esatto: nel 2025 abbiamo deciso che “forse” era ora di aggiornare Internet… di vent’anni. Nel mezzo, ovviamente, panico generale: chi gestisce siti web corre ai ripari, chi usa VPN si sente improvvisamente un agente segreto e gli esperti IT sorridono pensando a quanta consulenza si venderà da qui a Natale.
Ma cosa cambia davvero? E soprattutto: chi l’ha spiegato ai provider che dovranno far rispettare la norma senza trasformare tutto il traffico in molassa digitale? Spoiler: nessuno.
Il nuovo obbligo: più controlli, meno privacy, tanti dubbi
La legge impone che i siti con contenuti per adulti verifichino l’età degli utenti. “Verificare” ovviamente non significa spuntare la casella “Ho più di 18 anni”, perché siamo finalmente entrati nella fase in cui il legislatore ha capito che mentire è possibile.
Il problema? Per farlo servono:
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sistemi di autenticazione esterna,
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provider affidabili,
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gestione sicura dei dati,
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infrastrutture serie,
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e soprattutto… utenti che non usano la data di nascita “01/01/1900”.
Ah, già: privacy. Perché quando c’è da proteggere i dati sensibili l’Italia diventa sempre molto creativa.
VPN, proxy e altre magie: ora che succede?
L’immaginario comune ha già preso il sopravvento: da oggi tutti penseranno che con una VPN si diventa invisibili, come se fosse un mantello dell’invisibilità digitale.
Spoiler 2: non è così.
Le VPN spostano la geolocalizzazione, sì, ma non cambiano l’obbligo dei siti italiani di applicare le regole. E i proxy? Beh, quelli continueranno ad essere usati solo da chi ama complicarsi la vita.
Ma il vero punto è che i gestori di VPN si preparano a un piccolo boom di abbonamenti. D’altronde, ogni nuova legge crea un mercato.
Per chi gestisce siti web: il livello “divertimento” si alza
Chi ha un sito con contenuti sensibili ora deve:
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implementare sistemi verificati di age-check,
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integrare API esterne,
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aggiornare le policy,
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rafforzare sessioni, redirect e cache,
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e sperare che il tutto non faccia esplodere il server.
Perché sì, la verifica dell’età richiede:
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nuovi flussi di autenticazione,
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controlli aggiuntivi lato backend,
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logging più attento (grazie GDPR),
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e infrastrutture che non crollino al primo picco.
Ma tranquilli: è tutto “super semplice”. Così semplice che chiunque non abbia un consulente IT è già in posizione fetale.
Le implicazioni legali: meno banali di quanto sembri
Chi non si adegua rischia blocchi a livello di DNS e segnalazioni AGCOM.
Che è un modo elegante per dire: “Ci vediamo presto con una PEC”.
Il punto, però, è che ogni scelta tecnica comporta responsabilità:
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dove finiscono i dati della verifica?
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chi li custodisce?
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per quanto tempo?
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cosa succede in caso di violazione?
Sono domande serie. E come sempre, le risposte arriveranno tra tre aggiornamenti del regolamento, un decreto attuativo e qualche circolare “interpretativa”.
La vera opportunità: consulenza, aggiornamenti, infrastrutture
Per i consulenti IT si apre una fase particolarmente… redditizia.
I siti dovranno:
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implementare nuove soluzioni,
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fare audit sulla sicurezza,
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aggiornare il backend,
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controllare i flussi di accesso,
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adeguare privacy e cookie banner,
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rivedere cache, CDN e redirect.
Tutto questo ha un nome: lavoro.
E tutto questo ha un sottotitolo: lavoro ben pagato.
Conclusione
La verifica dell’età online in Italia è una di quelle idee ottime sulla carta e caotiche nella pratica.
Gli utenti continueranno a usare VPN come se fossero in missione speciale, i siti correranno ai ripari e l’infrastruttura italiana farà quello che può (spoiler 3: non sempre benissimo).
Nel dubbio, prepariamoci: questa è solo la prima di molte nuove normative che rivoluzioneranno Internet… sempre con vent’anni di ritardo.
