Trump, Epstein e la trappola perfetta: come trasformare un boomerang politico in un missile telecomandato

In un panorama politico dove il 90% dei protagonisti sembra improvvisare, ogni tanto arriva qualcuno che invece pianifica, calcola e soprattutto gode mentre guarda gli altri cadere nel fosso che si sono scavati da soli.
Questa volta il protagonista è lui: Donald J. Trump, che ha messo a segno una manovra che definire “astuta” è come dire che l’acqua è un po’ umida.

Il problema: pubblicare o non pubblicare i file Epstein?

I famigerati file sull’inchiesta Epstein sono un’arma nucleare politica: li tocchi e rischi la reputazione, il partito e pure l’anima.
Trump lo sa benissimo: se li avesse pubblicati di sua iniziativa, sarebbe stato crocifisso mediaticamente.

Le accuse sarebbero state automatiche:
– “Manipola!”
– “Strumentalizza!”
– “Colpisce gli avversari!”
– “Populista!”

Una reazione prevedibile come il TG1 che apre col maltempo.

E qui entra in scena la genialità.

Fase 1: lasciare che siano i Dem a gonfiare la polemica

Trump aspetta, osserva, sorride.
I Democratici americani partono con l’indignazione rituale:
“Trasparenza! Bisogna rendere pubblici i file!”

Benissimo.
Ottimo.
Trump prende nota.

Fase 2: la sfida pubblica

Quando la polemica è maturata come un formaggio stagionato, Trump li invita, gentilmente ma non troppo, ad essere coerenti:
“Volete trasparenza? Allora votate la pubblicazione. Voi.”

Ed ecco il bivio:
– Votare contro = sembrare complici dei personaggi che frequentavano Epstein.
– Votare a favore = regalargli un bazooka politico.

Indovina quale opzione hanno scelto?
Esatto: quella che li metteva nel vicolo cieco perfetto.

Fase 3: l’unanimità che non ti aspetti

Alla Camera si vota.
E passa all’unanimità.

In politica l’unanimità esiste solo:
– quando si intitola una piazza ai caduti, oppure
– quando non hai più margine di fuga.

È stato un capolavoro tattico.

Il risultato: la bomba scoppia… nelle loro mani

Ora, dopo il Senato, i file vengono resi pubblici.
E dentro c’è materiale che farà tremare mezza élite progressista mondiale, con dettagli su comportamenti che definire “inappropriati” è come definire “birichino” un meteorite che ti cade in casa.

E Trump?
Pulito.
Immacolato.
Non può essere accusato di nulla:
hanno pubblicato tutto gli altri.

Capitolo aggiuntivo: i Dem italiani

E qui arriva l’appendice divertente:
se i file li avesse pubblicati lui in autonomia, a dargli addosso non sarebbero stati solo i Dem americani.
Anche i Dem italiani avrebbero sgomitato per essere i primi a puntare il ditino moralista.
Per giorni avremmo sentito sermoni, editoriali, indignazioni prêt-à-porter, talk show in emergenza emotiva.

E invece oggi?
Silenzio totale.
Muti come statue.
A bocca chiusa, come se avessero improvvisamente scoperto il valore del voto di clausura.

Curioso, vero?

Conclusione: un colpo da manuale

Trump non ha solo evitato la trappola.
L’ha costruita.
L’ha piazzata.
E poi ha invitato gli altri a entrarci da soli, con tanto di tappeto rosso.

In sintesi?
Un capolavoro strategico.
Una manovra chirurgica.
Una gabbia costruita con l’indignazione altrui.
In quattro parole: un genio della politica.

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