Superbonus: la festa dell’anno… pagata a fine serata dai condomìni (con mancia obbligatoria)
Quando nel lontano passato (che in Italia significa circa due anni fa) si parlava di Superbonus 110%, sembrava di assistere alla distribuzione gratuita di cioccolatini in piazza: tutti felici, tutti soddisfatti, tutti sicuri che “lo Stato paga”.
Ora che arrivano i controlli, però, scopriamo che quei cioccolatini erano ripieni di peperoncino: belli fuori, devastanti dentro.
L’Agenzia delle Entrate, che nel frattempo deve aver frequentato un corso intensivo di investigazione stile CSI, ha iniziato a mettere il naso negli stati di avanzamento dei lavori. E non solo: verificano materiali usati, costi dichiarati e perfino se i lavori rispettano davvero le norme.
Una roba rivoluzionaria, insomma: controllare che ciò che è stato pagato… esista davvero.
E no, non tremano solo gli “squali del Superbonus”, quelli che si sono inventati condomìni inesistenti, tetti che non c’erano e cappotti termici posati a distanza con la forza del pensiero. Tremano anche quelli che in assemblea condominiale hanno alzato la mano convinti di fare il loro dovere civico, ignari che quel voto un giorno sarebbe diventato un boomerang amministrativo di livello olimpico.
Perché sì: il rischio è restituire quanto ottenuto, con sanzioni e interessi.
Una specie di “cashback al contrario”: invece di riceverlo, lo dai. E con gli interessi, perché lo Stato non è certo un parente generoso che ti presta due soldi.
Secondo i numeri di Enea, citati dal Sole 24 Ore, parliamo di 138.719 edifici condominiali.
Praticamente mezza Italia.
E l’altra metà sta già pregando che nessuno apra il cassetto fiscale.
Ma il vero spettacolo arriva con i casi più controversi: lavori conclusi che non corrispondono a ciò che era stato asseverato. Un po’ come ordinare una pizza margherita e trovarsi una focaccia bianca: “Eh, vabbè, sempre lievito è”.
Peccato che l’Agenzia delle Entrate non rida.
E poi ci sono loro: le frodi.
Quelle vere, strutturate, eleganti, degne di un heist-movie hollywoodiano.
Parliamo di 9,3 miliardi di euro di finti crediti d’imposta.
Criminali organizzati, società fantasma, prestanome… mancava solo George Clooney a capo della banda e avremmo avuto Ocean’s Eleven – The Bonus Edition.
E qui arriva la parte più gustosa:
mentre l’Agenzia fa partire controlli, verifiche e contestazioni, sui social c’è ancora chi idolatra l’inventore del Superbonus come se avesse scoperto la cura per l’insonnia ma d’altronde è lo stesso che ci ha salvati da morte certa durante la pandemia.
Li vedi nei commenti, fedeli e fieri come crociati digitali.
E viene spontanea una domanda:
quando arriverà la richiesta di restituire i soldi… che faranno?
Continueranno a difenderlo? Cambieranno argomento? O, più realisticamente, faranno finta di non aver mai scritto nulla?
Spoiler: probabilmente la terza.
Il risultato? Semplice: ora la festa è finita e stanno passando col conto.
E che conto.
In sintesi:
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chi ha fatto il furbo rischia grosso;
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chi ha agito in buona fede rischia… grosso uguale;
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i condomìni scoprono che approvare lavori in assemblea non è più un atto democratico, ma un potenziale rito di autolesionismo collettivo.
Il romanzo del Superbonus arriva all’ultima pagina: sorpresa!
Il plot twist è che a pagare sono sempre gli stessi… quelli che non hanno mai scritto la storia.
