Sinner: l’amore, l’odio e il tifo a corrente alternata

Ah, Sinner. Il ragazzo dai capelli rossi che ha riportato il tennis nelle chiacchiere da bar dopo decenni di oblio, tra un “cappuccino al banco” e un “ma tanto Djokovic è un’altra cosa”.
Lui gioca, vince, perde (poco), sorride poco ma vince tanto. E voi? Voi alternate l’amore incondizionato al livore represso, a seconda di come vi svegliate e di chi ha vinto la sera prima.

Quando vince: “È un mito, un esempio per i giovani, un ragazzo d’oro, non come quei calciatori viziati!”
Quando perde: “Vabbè, tanto è freddo, non ha il carisma, non è italiano vero, si vede che non mangia la pasta.”
Insomma, il solito equilibrio perfetto del tifoso medio: amore e odio serviti nello stesso set.

Il nuovo Messia del tennis (fino a quando)

Appena vince, diventa il “nuovo Nadal”, “il Federer del Sudtirolo”, “l’erede naturale di Panatta” (che però, a onor del vero, giocava un altro sport). Gli opinionisti improvvisati riscoprono la racchetta nel baule della Panda, i bar si trasformano in Wimbledon, e perfino la zia che guarda solo “Amici” sa cos’è un tie-break.

Poi però, basta una semifinale persa, e si ricomincia: “è montato”, “troppo sponsorizzato”, “ormai pensa solo ai soldi”.
Perché in Italia funziona così: se non ti amano, ti odiano. E se ti amano, tranquillo, ti odieranno tra due settimane.

L’effetto social: tutti coach, nessuno tennista

Nei social, l’amore per Sinner è un test psicologico collettivo.
C’è chi lo difende con la stessa passione con cui difenderebbe la mamma, e chi lo attacca con l’odio tipico di chi non ha ancora superato la bocciatura alle medie.
Ogni match genera analisi tattiche da premio Nobel: “Doveva forzare il dritto!” (detto da uno che al massimo forza il telecomando).
E quando l’avversario è straniero, scatta anche il patriottismo lampo: improvvisamente siamo tutti esperti di geopolitica e giustizia sportiva.

Il problema (spoiler: non è Sinner)

Il vero problema non è lui — che continua a fare quello che dovrebbe fare un professionista: vincere, perdere, allenarsi, e fregarsene del resto.
Il problema siete voi, che avete bisogno di trasformare ogni talento in un’icona o in un bersaglio, senza vie di mezzo.
Perché ammettetelo: non è che non sopportate Sinner… è che non sopportate vedere qualcuno che fa bene senza chiedere il vostro permesso.

Epilogo (spoiler 2: continuerà così)

Sinner andrà avanti, magari vincerà altri tornei, forse un giorno uno Slam, e voi continuerete a dividervi tra chi lo idolatra e chi lo detesta.
E quando arriverà un nuovo giovane tennista, il ciclo ricomincerà: lo amerete, lo odierete, e infine direte che “una volta c’era Sinner, quello sì che era un campione”.

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