Quando il “dibattito” diventa monologo: il caso Saverio Tommasi
Stavolta il paladino del “risveglio delle coscienze” ha deciso di restare… addormentato. Saverio Tommasi, noto per i suoi monologhi travestiti da reportage, ha raccontato in un post di essere stato invitato dagli studenti della Bocconi a un dibattito sulla libertà di parola. Tema perfetto, se non fosse che il nostro eroe della parola libera ha subito messo il bavaglio… a sé stesso.
Motivo? L’altro ospite era Daniele Capezzone, giornalista e direttore editoriale di Libero. E poiché Tommasi non “crede ai dibattiti sui problemi con chi è parte del problema”, ha preferito non presentarsi. Tradotto: niente confronto, meglio restare nel recinto dei “giusti” dove non si rischia di essere contraddetti.
Il risultato è l’ennesimo episodio di una lunga saga: quella del “dibattito a senso unico”. Tommasi, che in ogni suo video dispensa insulti e ironie verso chiunque osi pensarla diversamente, riesce sempre a erigersi a giudice morale del mondo. Ma quando il confronto diventa reale, scappa più veloce di un like su Facebook.
E la coerenza? Giudicate voi. Durante la pandemia scrisse su Instagram:
“Abbiamo il green pass, ma ci siamo seduti fuori per rubare tre posti a chi il green pass non ce l’ha 😅❤️”
Un messaggio che, al di là dell’ironia, racconta tutto il suo modo di vedere il mondo: l’importante è “avere ragione”, anche se per farlo bisogna vantarsi di escludere chi la pensa (o vive) diversamente.
Lui parla di “coscienze da risvegliare”, ma sembra che la prima da svegliare sia la sua: quella che non regge un contraddittorio nemmeno con un bambino delle elementari (figurarsi con Capezzone). E così, mentre proclama la libertà di espressione, la esercita solo se l’interlocutore è d’accordo con lui.
Alla fine, il dibattito non si farà. Ma in fondo, come dice lui stesso, anche così ha “dato il suo contributo”. Già: a confermare che chi parla sempre di libertà, spesso è il primo a chiuderla in gabbia.
