L’opposizione che si oppone a sé stessa: sport nazionale
C’è uno sport tutto italiano che non richiede sponsor, allenatori o preparazione atletica: basta aprire bocca e correre in direzione opposta… a sé stessi.
Si chiama Opposizione Autolesionista Avanzata™, disciplina in cui i vari partiti di minoranza eccellono con la grazia di un pattinatore ubriaco.
È un meccanismo affascinante: invece di contrastare il governo, litigano tra loro, si smentiscono in diretta, si correggono via social e poi, colpo di classe, accusano il governo di essere “diviso”. Il meta-umorismo applicato alla politica.
La sacra arte dell’autorete
C’è chi parla di “mancanza di unità programmatica”.
Io la chiamo l’Eurospin del teatro dell’assurdo.
Hai mai visto un comunicato stampa che dura meno di due ore prima di essere smentito da un altro comunicato stampa dello stesso partito? Ecco: quello è il livello.
Una sinfonia di “non era quello che intendevamo”, “fraintendimento mediatico”, “l’account era stato hackerato” (sempre lui, il povero hacker).
Le gaffe come linguaggio istituzionale
Una volta ci si preoccupava di evitare le gaffe.
Oggi sembrano il carburante ufficiale dell’opposizione: ogni intervento pubblico è un potenziale meme in attesa di essere ritagliato, ingrandito e pubblicato con un “ma davvero?” come didascalia.
Si va dalle dichiarazioni fatte senza leggere le carte, alle improvvisazioni con la stessa credibilità di un tutorial di magia su TikTok, fino ai post social scritti con il tatto di un rinoceronte in cristalleria.
Comunicazione politica: il disastro organizzato
Il vero capolavoro, però, è la comunicazione.
Strategia? Coordinamento? Linee guida?
Macché. Sembra un game show in cui vince chi manda più messaggi contraddittori in 24 ore.
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Una mattina dicono “siamo compatti”.
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A pranzo smentiscono l’alleato.
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A cena smentiscono la smentita.
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Prima di dormire danno la colpa ai giornalisti, alla congiunzione astrale o alla “narrazione tossica”.
Il punto su cui, miracolosamente, sono tutti d’accordo
Ed ecco la parte più incredibile: pur litigando su qualsiasi cosa — dal colore delle sedie alle virgole nei comunicati — hanno un’unica certezza condivisa.
Un punto fermo, scolpito nella pietra:
- Il governo è fascista
- La democrazia è in pericolo
Una coerenza quasi commovente: qualsiasi cosa accada, qualsiasi tema emerga, la conclusione è sempre quella.
E, ovviamente, la definizione di “democrazia” cambia alla velocità della luce, a seconda di chi parla:
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Se gli conviene, la democrazia è “partecipazione”.
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Se non gli conviene, è “resistenza”.
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Se perdono un’elezione, la democrazia “è minacciata”.
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Se la vincono loro, improvvisamente “funziona benissimo”.
Una flessibilità concettuale degna di un manuale zen.
Conclusione: l’opposizione all’opposizione
In teoria dovrebbero mettere pressione al governo.
In pratica il governo si limita ad alzare un sopracciglio mentre loro litigano per capire chi abbia sbagliato la linea politica… della settimana.
Risultato?
L’opposizione non è più opposizione: è un gruppo di auto-commentatori che passa il tempo a smontarsi da sola.
Il governo non deve nemmeno preoccuparsi di rispondere: basta sedersi e prendere i popcorn.
