Quando la metro profumava di carta (e non di Wi-Fi pigro): l’era dei giornali contro l’era degli smartphone
C’è stato un tempo, sembra preistoria, ma erano gli anni ’90, mica il Paleolitico, in cui entrare in metropolitana significava infilarsi in un gigantesco origami umano.
Ovunque ti girassi vedevi gente incartata nel Corriere, nella Gazzetta, o, a Milano, nel glorioso Metro, quel giornaletto gratuito che ti veniva lanciato addosso fuori dalle stazioni come se fossi un piccione da educare alla lettura.
La scena era sempre quella: treni pieni, spazi ridotti, tutti a cercare di aprire un quotidiano formato lenzuolo in un cubicolo degno di un compressore idraulico. C’era chi cercava di leggere i titoli con la precisione di un chirurgo, chi lottava contro la piega del giornale come se fosse una questione d’onore, e chi, inevitabilmente, ti sbatteva una colonna di politica in faccia ogni volta che il convoglio frenava.
Ma almeno, diciamocelo, si leggeva.
Oggi invece, in metropolitana trovi:
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87% di persone che scrollano compulsivamente.
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10% che guardano video col volume a palla (perché le cuffie sono sopravvalutate).
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3% che tenta disperatamente di appoggiarsi senza toccare nessuno (categoria mitologica).
Il giornalismo su carta è stato rimpiazzato da un feed infinito di gattoni, indignazioni lampo, notifiche inutili e reel con gente che ti spiega “5 abitudini per diventare milionario” mentre è palesemente in un monolocale senza finestre.
Un tempo la metro era piena di odore d’inchiostro, di fogli fruscianti, di litigi su chi avesse diritto alla pagina successiva del giornale gratuito.
Ora invece ti accorgi che un’intera carrozza è ipnotizzata a testa bassa, illuminata dalla luce blu che, a quanto pare, sostituisce sia la cultura che la vitamina D.
E quando provi a guardare lo schermo del vicino (per pura sociologia antropologica, ovviamente), scopri che sta guardando:
– o un video di un tizio che apre pacchi
– o un meme del 2018
– o il meteo di quattro città in cui non andrà mai
Conclusione?
La metro non è cambiata.
Siamo cambiati noi.
Prima cercavamo notizie, ora cerchiamo distrazioni.
Prima si sfogliava, ora si scrolla.
Prima c’erano i giornali gratis, ora ci sono i contenuti gratis… e il problema è che spesso almeno i giornali erano scritti da qualcuno che sapeva coniugare i verbi (oggi coniugano altro).
