Influencer, OnlyFans e la nobile arte di vendere l’aria… con filtro bellezza

Viviamo nell’era d’oro dell’influenza.
No, non quella stagionale (anche se pure quella ogni anno fa il suo), ma quella digitale: quella fatta di pose, luci giuste, sorrisi finti e frasi profonde tipo “ama te stesso” scritta sotto una foto in perizoma.

C’è stato un tempo in cui i “modelli di riferimento” erano scienziati, scrittori o persone che avevano effettivamente combinato qualcosa.
Oggi basta avere una fotocamera, un filtro e un sedere abbastanza convinto per aprire un impero da centinaia di migliaia di follower e qualche sponsor di integratori che “aiutano a stare in forma” (spoiler: non servono a nulla).

E poi, ovviamente, c’è OnlyFans.
La piattaforma che ha trasformato il concetto di “contenuto esclusivo” in “pagami per vedere quello che su Instagram era gratis fino a ieri”.
Un miracolo dell’economia moderna: il capitalismo dell’autostima.

Le nuove imprenditrici digitali si definiscono creator, content manager e business women (che suona meglio di “vendo foto dei piedi per pagare il mutuo”).
Alcune dichiarano di voler “liberare il corpo dai tabù”.
Tradotto: “ho trovato un modo per far pagare la gente per guardarmi in bikini, e stranamente funziona”.

Intanto gli uomini, poveri illusi digitali, continuano a spendere stipendi interi per sentirsi “notati” da una ragazza che li chiama baby o amore a pagamento e che probabilmente nel frattempo sta guardando Netflix con il fidanzato (che, ironia della sorte, probabilmente paga l’abbonamento).

Ma non ne faccio una questione morale, sia chiaro.
Ognuno è libero di fare ciò che vuole del proprio corpo, dei propri follower e del proprio Photoshop.
Il problema non è chi lo fa, ma chi ci casca.
Perché se c’è un mercato di gente disposta a spendere soldi per vedere un’illusione, vuol dire che il prodotto più venduto del secolo non è il corpo, ma la fantasia.

E così, mentre i filosofi cercavano il senso della vita, gli influencer hanno trovato il senso del portafoglio.
Un post alla volta, un link in bio alla volta, un “ciao amore, grazie per il supporto 🩷” alla volta.

Forse la vera lezione è che il futuro non appartiene a chi sa, ma a chi si mostra.
E se continuate così, tra qualche anno la laurea più ambita sarà in “Selfie applicato alle scienze del profitto”.

Dopotutto, chi ha bisogno di un curriculum quando hai un ring light?

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