Il Circo di Garlasco: quando la tragedia diventa spettacolo
Ci sono vicende che, per la loro gravità, dovrebbero rimanere nel perimetro del rispetto, del dolore e della giustizia. E poi c’è la vicenda di Garlasco, che da oltre quindici anni viene trascinata, ancora una volta (eh già, non è la prima e aimè non sarà l’ultima), nel grande palcoscenico mediatico italiano. Ogni nuova udienza, ogni minima novità, ogni presunto “colpo di scena” diventa un pretesto per talk show, dirette, analisi da salotto e giudizi improvvisati.
La tragedia di una giovane vita spezzata è diventata, nel tempo, una sceneggiatura collettiva di cui tutti sembrano voler essere coautori (e dove tutti sanno tutto).
Il caso che non finisce mai
Non è più soltanto una vicenda giudiziaria: è una serie televisiva senza fine, dove ogni stagione promette rivelazioni, e dove l’audience vale più della verità. Gli stessi volti si ripetono sugli schermi: opinionisti (che tristezza), criminologi (evviva gli esperti), giornalisti (trovateme uno che non ne ha parlato), psicologi (la schienzah), ex investigatori (magari poi qualcuno li assume), tutti pronti a commentare con tono grave e sguardo esperto (e qui mi scappa da ridere), ma raramente con la misura che la giustizia richiede.
Le telecamere invadono le aule di tribunale, le testate rilanciano ogni dettaglio, e i social trasformano tutto in meme, in discussione da bar virtuale. L’attenzione collettiva non è rivolta alla ricerca della verità, ma alla costruzione del prossimo titolo accattivante.
Il consumo del dolore
In questa continua esposizione, ci vi dimenticate che dietro le sigle e i cognomi ci sono persone. Famiglie che da anni vivono tra dolore e silenzio, mentre il Paese discute, ipotizza, giudica, e spesso dimentica la dimensione umana.
Il dolore diventa contenuto. La tragedia, intrattenimento. È la stessa deriva che ha trasformato ogni fatto di cronaca nera in un format: la vittima come simbolo, l’accusato come personaggio, il processo come fiction.
Ma il problema non è solo dei media: è collettivo. Perché se il circo va avanti, è perché continuate a guardarlo. La curiosità morbosa, il bisogno di avere un’opinione su tutto, la convinzione di poter giudicare senza conoscere gli atti; sono questi gli elementi che alimentano lo spettacolo.
Il rispetto che non fa audience
Ogni volta che un caso come quello di Garlasco torna in prima pagina, dovreste chiedervi (e chiedere a loro) se stanno davvero cercando la verità o solo intrattenimento a buon mercato (la seconda che hai detto).
Perché la differenza tra informare e spettacolarizzare è sottile, ma segna il confine tra civiltà e cinismo.
E forse, proprio questo confine, lo avete superato da un pezzo, Vespasiano disse (a ragione) Pecunia non olet.