Quando la geopolitica diventa un talk show: Gualmini, Salvini, Vannacci e l’eterno teatrino della morale

In Italia la geopolitica non è più un campo complesso, articolato e pieno di variabili: è uno show. Un format ripetitivo, tipo quei reality che nessuno ammette di guardare ma di cui tutti parlano.
L’ultima puntata la offre Elisabetta Gualmini, che su X ha deciso di bacchettare Salvini e Vannacci accusandoli di avere un debole, ormai storico, per la Russia di Putin.

Fin qui tutto normale. La cosa davvero interessante è chi lancia questo pippone morale:
una parlamentare europea indagata per il Qatargate, una vicenda che a Bruxelles sembra ormai più diffusa del Wi-Fi.
In certi corridoi, la corruzione non è uno scandalo: è praticamente l’arredamento.

Ma eccoci al punto: Gualmini sostiene che Salvini e Vannacci starebbero “mettendo in dubbio il sostegno all’Ucraina”, tirando fuori il tema della corruzione.
Uno dei pochi temi che, incredibilmente, riesce a unire l’opinione pubblica: perché se c’è una certezza universale è che quando circolano soldi pubblici, qualcuno da qualche parte se li infila in tasca.

Ed è qui che il discorso diventa serio.
Altro che slogan tipo “non possiamo abbandonare un popolo” o altri mantra da campagna social.

La domanda vera è un’altra: se i soldi finiscono nelle tasche dei corrotti, chi stiamo sostenendo?

Perché che in Ucraina la corruzione sia un problema reale lo sanno tutti. Ma far finta che “aiuto umanitario” o “sostegno militare” equivalgano automaticamente ad aiutare il popolo è una favola da telegiornale del dopocena.
Se i fondi occidentali vengono divorati da politici, funzionari e amici degli amici che poi comprano ville, auto di lusso e pacchi immobiliari in giro per il mondo, allora non stiamo sostenendo nessun popolo: stiamo alimentando un sistema che somiglia più a un outlet per oligarchi che a una missione etica.

E come se non bastasse, c’è anche il capitolo delle armi inviate dall’Occidente, un tema che chiunque abbia letto almeno due report internazionali conosce bene.
Le armi partono in modo trionfale, con conferenze stampa, bandierine e toni epici.
Poi, una volta arrivate sul posto, succede una delle due magie:

  1. Vengono distrutte in un nanosecondo, letteralmente, da un missile russo che le individua prima ancora che scarichino il camion.

  2. Oppure spariscono, volatilizzate, e ricompaiono nei mercati paralleli del Medio Oriente, dell’Africa o chissà dove.
    E non è una teoria fantasiosa: è documentato da servizi di intelligence, investigazioni giornalistiche e perfino commissioni internazionali.
    Altro che “sostegno”: in certi casi sembra più un Black Friday del contrabbando.

E mentre tutti fanno la morale, c’è chi rilancia con serenità, anzi con leggerezza quasi zen:
Ursula von der Leyen, che con la tranquillità di chi sta ordinando un caffè macchiato, ha dichiarato che occorre dare miliardi di euro all’Ucraina perché è in deficit.
Miliardi, sì.
Detti con la stessa nonchalance con cui un nonno direbbe “tieni, prenditi un gelato”.
La Presidente della Commissione Europea parla di queste cifre come se fossero bruscolini caduti dalla tasca, e le distribuisce a destra e a manca come se non ci fosse un domani. Tanto, a pagare, domani ci pensano sempre gli altri.

Quindi no, non si tratta di fare il tifo per l’una o l’altra parte, come se si parlasse di una partita di Champions League.
La questione è molto più semplice: prima di parlare di “sostegno”, bisognerebbe guardare dove finiscono i soldi. E le armi.

E forse, prima di impartire lezioni di moralità internazionale, sarebbe meglio che l’Unione Europea desse un’occhiata ai suoi stessi armadi, dove tra Qatargate, corruzioni assortite e scambi di favori, c’è abbastanza materiale da farci una serie TV.

Alla fine resta sempre la stessa sensazione:
tutti moralisti, finché non tocca a loro.
E la geopolitica, in Italia come a Bruxelles, rimane un eterno talk show dove chi urla più forte non è quello che ha ragione, ma quello che ha più bisogno di visibilità.

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