Geopop: da indipendenti a intransigenti? Quando la divulgazione si prende troppo sul serio
“Molti di voi guardano i nostri video ma non ci seguono.”
Così inizia il post-manifesto di Andrea Moccia Geopop, un testo epico che parte come un appello alla cultura libera e finisce come un discorso motivazionale da convention aziendale.
C’è dentro tutto: l’indipendenza, i sacrifici, il cinema Arcobaleno diventato supermercato e persino la gelateria della gioventù. Un racconto toccante, per carità. Ma anche un po’… autocelebrativo.
Geopop ci tiene a far sapere che è “totalmente indipendente”, che “nessuno zio d’America” li finanzia, che “si sono fatti da soli”. E fin qui, applausi. Il problema nasce quando, nel nome di questa purezza intellettuale, si passa dal divulgare al predicare.
Perché sì, oggi capita di vedere video e post dove l’approccio non è più “spieghiamo insieme”, ma “ti spieghiamo noi, che siamo puri e indipendenti”.
Il culmine è arrivato con certi contenuti “delicati” , come il famoso post sull’11 settembre, dove la linea tra spiegazione e scomunica di chi non è d’accordo si è fatta sottilissima.
Da progetto che voleva diffondere conoscenza, Geopop rischia di trasformarsi in un tribunale della ragione, con tanto di sentenze in formato short.
Eppure, la contraddizione è tutta lì: mentre chiedono comprensione per le pubblicità che “servono a mantenere l’indipendenza”, fanno la morale a chi osa pensare fuori dal copione.
D’altronde, si sa: anche i divulgatori, quando iniziano a piacersi troppo, diventano un po’ influencer spirituali.
Niente di grave, eh. Geopop resta un progetto meritevole, capace di raccontare la scienza con ritmo e stile.
Solo, ogni tanto, basterebbe un po’ meno “predica della conoscenza” e un po’ più di sana curiosità.
Perché, come dicevano i vecchi prof veri: chi davvero sa, non ha bisogno di dirti che è indipendente. Lo dimostra.
