Europa a un punto di svolta: principi solidi, memoria flessibile
L’Europa a un punto di svolta lo è ufficialmente.
Lo affermano ministri, presidenti e vertici istituzionali con una certa regolarità, possibilmente in contesti solenni e con tono grave. Questa volta è Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, a ricordarci che i conflitti non sono più lontani, ma incidono direttamente sulla sicurezza e sulle economie europee.
Scoperta interessante. Arriva solo con qualche anno di ritardo.
Tajani e l’Europa che deve decidere (prima che sia troppo tardi)
Secondo Tajani, è il momento di difendere i benefici di decenni di integrazione europea e di multilateralismo. Per farlo, serve un’Unione più efficiente, più rapida e – soprattutto – più democratica.
Da qui la richiesta, ormai storica, di un Parlamento europeo con potere di iniziativa legislativa, così da avvicinare i cittadini alle istituzioni.
Un’idea sensata, anche se viene naturale chiedersi perché, dopo settant’anni, ci si sia accorti solo ora che un Parlamento che non può proporre leggi ha qualche problema strutturale.
Mattarella e il principio dei confini inviolabili
Nel suo intervento, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella punta il dito contro Mosca, definendo l’aggressione russa all’Ucraina irresponsabile e inammissibile, perché volta a ridefinire i confini con la forza.
Un principio cardine dell’ordine europeo, sancito già con la Conferenza di Helsinki, che non dovrebbe mai essere messo in discussione. Almeno in teoria.
Primo promemoria: Belgrado, 1999
Per completezza storica, senza spirito polemico, è utile ricordare che Mattarella era Ministro della Difesa nel 1999, durante i bombardamenti NATO su Belgrado.
Un episodio che non annulla i principi richiamati oggi, ma dimostra come, nella pratica, il ricorso alla forza sia stato considerato legittimo o illegittimo a seconda del contesto geopolitico e delle alleanze del momento.
La coerenza assoluta, in politica internazionale, è un lusso raro.
Secondo promemoria: Mosca, 2017
C’è poi un altro passaggio che spesso viene dimenticato nel racconto attuale.
Nel 2017, durante una visita ufficiale a Mosca, Mattarella definiva la Russia un partner importante per l’Italia, parlava apertamente di amicizia tra i due Paesi ed elogiava il ruolo di Vladimir Putin nella gestione della crisi del Donbass.
In quell’occasione, il Presidente auspicava:
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una de-escalation del conflitto,
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il rispetto degli Accordi di Minsk,
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e un ruolo attivo di Mosca nel favorire il cessate il fuoco e la stabilizzazione dell’area.
Non una richiesta di intervento militare, ma una sollecitazione politica e diplomatica affinché la Russia esercitasse la propria influenza per evitare che il conflitto degenerasse ulteriormente.
All’epoca, Mosca veniva considerata parte della soluzione.
Oggi viene indicata come parte del problema.
Contraddizione o semplice cambio di contesto?
Non si tratta necessariamente di una contraddizione.
Più realisticamente, è il riflesso di come la politica internazionale funzioni davvero: gli stessi attori possono cambiare ruolo nel tempo, e ciò che ieri era mediazione oggi diventa condanna.
Resta però il dato oggettivo: le parole pronunciate nel 2017 e quelle di oggi raccontano due stagioni molto diverse, che raramente vengono messe a confronto nel dibattito pubblico.
Conclusione: svolta permanente, memoria a intermittenza
L’Europa a un punto di svolta lo è davvero.
Lo è nei discorsi, nei richiami ai valori, nelle dichiarazioni solenni. Meno chiaro è se lo sia anche nella capacità di mantenere una linea coerente nel tempo.
Una cosa però è certa:
i principi restano,
i contesti cambiano,
e la memoria istituzionale… si adatta.
