Boomer vs Gen Z: due modi di sopravvivere alla modernità

Viviamo in un’epoca meravigliosa: l’auto parcheggia da sola, la casa parla, il frigorifero fa la spesa e l’assistente vocale ci ascolta anche quando non dovrebbe.
Eppure, di fronte alla tecnologia (e alla realtà), l’umanità è divisa in due specie: i Boomer, che la subiscono con rassegnazione, e la Gen Z, che la interpreta come un’estensione del proprio ego digitale e morale.

Boomer: l’analogico con la connessione lenta

Il Boomer ha vissuto il mondo prima di Internet e lo rimpiange ogni giorno.
Guarda la domotica come si guarda un film horror: affascinato, ma pronto a scappare se Alexa risponde da sola.
Il suo motto è “se funziona, non toccarlo”.
E se non funziona? “Spegni e riaccendi”.

Il Boomer è convinto che le password servano solo per dimenticarle, che la PEC sia un’invenzione del demonio e che “cloud” significhi pioggia in inglese.
E quando scopre che l’auto elettrica non fa rumore, si sente truffato.

Sul fronte delle idee, poi, è un veterano de: “ai miei tempi”.
Guarda i movimenti sociali come si guardavano i film in bianco e nero: con rispetto, ma da lontano.
Parla di “merito”, “valori”, e di quando “le notizie erano notizie, non meme”.

Gen Z: il nativo digitale con ansia da caricabatterie

La Gen Z nasce con lo smartphone in mano e un’app per ogni cosa.
Non conosce il tasto “Invio”, ma sa fare un video verticale con tre filtri, una caption ironica e musica sincronizzata in 0,3 secondi.
Ha abolito il concetto di “attesa”: se qualcosa non si carica in due secondi, è “rotto”.

È connessa a tutto: smartwatch, domotica, auto, frigorifero… tranne che alla realtà.
Parla con l’assistente vocale più di quanto parli con i genitori, e misura la produttività in “quante schede aperte ha nel browser”.

Ma soprattutto, è convinta di dover salvare il mondo a colpi di hashtag.
Battaglie sociali, diritti, ecologia: tutto nobile, finché non finisce la connessione.
Per loro la storia inizia dal 2000 e tutto ciò che è precedente è “boomer stuff”.
Citare Churchill? Noioso. Citare una serie Netflix? Rilevante.

E quando serve riflettere, la Gen Z non riflette: agisce d’impeto.
Si ammassano, corrono, si filmano, si indignano, si mobilitano e tutto nello stesso pomeriggio.
Durante la pandemia, sono stati capaci di fare file chilometriche per il vaccino “perché se no addio spritz”.
Non per senso civico, ma per non saltare l’aperitivo del venerdì.
Un mix di adrenalina, panico e FOMO istituzionale.

Due mondi, un solo Wi-Fi (instabile)

Il Boomer usa la tecnologia per semplificarsi la vita; la Gen Z per complicarsela con stile.
Il primo stampa le e-mail “per sicurezza”, il secondo non sa cosa sia una stampante.
Il Boomer si arrabbia perché il telefono “fa troppe cose”, la Gen Z perché “non ne fa abbastanza”.

E anche quando si parla di attualità, il divario è abissale:
il Boomer guarda i talk show e sbadiglia, mentre la Gen Z li ingloba come un mantra, trasformando ogni dichiarazione in un meme, una storia o un trend da seguire.
Per il Boomer, l’opinione si esprime al bar; per la Gen Z, nei commenti.
Entrambi, però, credono di avere ragione assoluta  solo con vocabolari diversi.

E il paradosso?
È che sono proprio i Boomer ad aver cresciuto la Gen Z così com’è.
Hanno inventato la pubblicità, il consumismo, i social, la condivisione compulsiva, e poi si lamentano del risultato.
Hanno costruito il mondo connesso e ora si stupiscono che i ragazzi non riescano a staccare la spina.
In pratica: hanno acceso il Wi-Fi, ma si lamentano perché non sanno più come si spegne.

E non basta: qualsiasi cosa dica un Boomer, la Gen Z lo accusa di essere più vecchio di Nostradamus (sempre ammesso che sappia chi è Nostradamus) e di “non capire come gira oggi il mondo”.
Peccato che, senza quei Boomer che “non capiscono niente”, quel mondo non esisterebbe affatto.
Sono loro che hanno inventato Internet, il PC, lo smartphone e pure l’idea stessa di lamentarsi online.

La guerra dei mondi (e delle convinzioni)

Sul piano ideologico, è un continuo campo minato:
il Boomer parla di “ordine”, la Gen Z di “inclusività”.
Uno difende la tradizione, l’altro la rivoluzione, spesso senza leggerne il manuale.
Il Boomer cita la Costituzione, la Gen Z i trend.
E quando si confrontano, Internet si blocca per eccesso di contraddizioni.

Il Boomer crede nella realtà; la Gen Z nei contenuti.
Eppure, alla fine, entrambi vivono nella stessa bolla: uno fatta di nostalgia, l’altra di algoritmi.

E quando la Gen Z scende in piazza per una causa, tutto sembra epico e giusto…
finché non arriva una domanda semplice tipo:
“Scusa, ma sai dov’è Gaza?”
Ed è lì che cala il silenzio.
Gli sguardi si incrociano, lo smartphone si abbassa, e la faccia che segue è quella tipica del pesce lesso in buffering esistenziale.
Non per cattiveria ma perché spesso l’indignazione viaggia più veloce della geografia.

Il paradosso moderno

La verità è che nessuno dei due ha davvero capito la modernità:
il Boomer la teme, la Gen Z la idolatra.
Ma entrambi ne sono schiavi, solo in modi diversi.
Uno con il terrore di toccare qualcosa, l’altro con la paura di disconnettersi.

Il risultato?
Una società in cui parliamo con Siri, litighiamo con ChatGPT, facciamo attivismo da divano e ci fidiamo di Google Maps anche quando ci porta nel fosso.

Morale

Boomer e Gen Z non sono nemici: sono semplicemente due versioni beta della stessa specie umana, alle prese con un mondo che cambia più velocemente di quanto si riesca a scaricare un aggiornamento.
Uno combatte per conservare, l’altro per cambiare  ma entrambi stanno solo cercando di capire come vivere in un’era che non smette di aggiornarsi.
E sì: probabilmente è stato il Boomer ad aggiornare il firmware dell’umanità… senza leggere i termini di servizio.

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