“Salute via app”: quando il dottore è in cloud… e tu resti in sala d’attesa (virtuale)
Ricetta per la sanità del 2025: prendi un medico sempre più digitale, aggiungi un gestionale “smart”, condisci con Fascicolo Sanitario Elettronico e… incrocia le dita. Perché se l’app tossisce, tu non respiri: niente ricetta, niente appuntamento, niente risposta. E non perché il dottore sia pieno… è proprio l’app che non si presenta alla visita.
La trama (non troppo) cyber di una commedia all’italiana
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8 ottobre: parte un attacco sul gestionale “Paziente Consapevole” usato da alcuni medici di base per dialogare col FSE.
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FSE non violato, ma database del gestionale sì: dentro ci sono dati sanitari di almeno 150.000 pazienti lombardi.
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Phishing “chirurgico”: arrivano mail con richieste di pagamento per prestazioni realmente effettuate, con tanto di numero ricetta corretto. Quando la truffa conosce i tuoi esami meglio di te, il click diventa un riflesso condizionato.
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Cartelle in saldo sul deep web: fino a 20 dollari l’una. Con sconto quantità?
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La Regione promette la certificazione di sicurezza dei software dei medici e l’esclusione dei prodotti che non rispettano i requisiti minimi. Obiettivo: fine 2026. Nel frattempo, pazienti, non dimenticate di ricaricare… la pazienza.
Il paradosso del “Paziente Consapevole”
“Paziente Consapevole” si chiama così perché il paziente lo diventa per forza: impara cos’è un gestionale, un FSE, la differenza tra interoperabilità e inviolabilità. Peccato che quando l’app salta, salta tutto:
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Non prenoti il controllo.
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Non rinnovi la terapia.
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Non invii l’allegato.
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E il medico? C’è, ma dietro una schermata che gira.
Medici in carne, ossa e… credenziali
I medici sono liberi professionisti e scelgono il proprio gestionale: in Lombardia ce ne sono una ventina, e solo 4–5 risultano già allineati agli standard più alti (coprono però oltre l’80% dei pazienti). Traduzione: se hai il gestionale “giusto”, ok; se hai quello “creativo”, la creatività la pagano i tuoi pazienti.
“È solo tecnologia”, dicono
Certo. Come dire che un ospedale ha muri bellissimi: la cybersicurezza è l’igiene della stanza di degenza. Non è una “gentile raccomandazione”, è standard obbligatorio. Perché quando un attore della filiera è l’anello debole, tutta la catena ti cade addosso (con notifica push).
La dipendenza che non piace ai medici
Abbiamo tolto la dipendenza dal telefono al paziente per creare la dipendenza dal telefono del medico. Ma se l’agendina cartacea si bagnava, si asciugava; se il gestionale cade, cade il servizio. E se l’app non funziona, non vedi il medico. Fine della telemedicina, inizio della tele-attesa.
Conclusione: la sanità è un servizio, non un’app
La tecnologia è fantastica quando accorcia le distanze. Diventa un problema quando le crea tra paziente e medico. La promessa era “il dottore in un click”. Ma senza sicurezza by design e piani B reali, rischiamo “il dottore a un click… che non parte”.
E a questo punto, la domanda sorge spontanea:
non era meglio andare in sala d’attesa e chiedere “chi è l’ultimo?”
