Antonio Tajani: l’arte di esserci sempre, anche quando non c’è

C’è chi nasce leader, chi ci diventa… e poi c’è Antonio Tajani, che nel dubbio è sempre lì, da qualche parte, pronto a prendere la parola anche se nessuno ha ancora finito la domanda.

Tajani è il classico esempio di politico multiuso, tipo coltellino svizzero: un po’ vicepresidente, un po’ ministro, un po’ europeista, un po’ patriota. In pratica, se in Italia esiste una poltrona libera per più di 48 ore, si attiva un sensore automatico a Bruxelles che lo chiama.

La sua carriera è un continuo equilibrio tra l’istituzionale e il televisivo: riesce a dire tutto e niente con la stessa calma olimpica, quella di chi ha visto passare decine di governi e non ha mai cambiato espressione. Una specie di versione politica del “calmante naturale”.

C’è chi lo definisce “moderato”, ma in realtà Tajani è più un termometro barometrico: misura la pressione politica e si adatta. Se tira vento europeista, lui parla di Bruxelles; se soffia brezza patriottica, cita l’Italia; se c’è bonaccia, un bel discorso sull’unità nazionale e via andare.

Il suo segreto? Mai farsi notare troppo, ma neanche scomparire. È presente in tutte le foto di gruppo, ma raramente al centro. Eppure, se serve un commento, un pensiero, una riflessione ponderata… ecco che lui appare, come la pubblicità prima del video su YouTube: inevitabile, ma mai aggressivo.

E così, nel grande circo della politica italiana, dove tutti si urlano addosso, Tajani resta imperturbabile, il monaco zen del moderatismo, sempre pronto a dire la cosa giusta nel momento in cui ormai nessuno ascolta più.

Morale

In un mondo politico dove tutti corrono per arrivare primi, Tajani vince perché non si muove mai troppo: resta lì, tranquillo, e alla fine è sempre tra i pochi rimasti in piedi.

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