La ciclabile lungo il fiume o nei boschi: oasi di pace (per tutti tranne chi pedala)
Ah, la ciclabile sullo sterrato lungo il fiume o nei boschi: il sogno di ogni ciclista, almeno sulla carta.
Una lingua di ghiaia panoramica, immersa nel verde, dove la natura incontra la civiltà… e la civiltà, puntualmente, dimentica ogni regola del vivere comune.
Perché sì, tu ti illudi di fare una tranquilla pedalata rilassante, ma dopo due curve capisci che sei entrato in una riserva naturale di bipedi distratti.
Il safari del ciclista moderno
La scena è sempre la stessa: da lontano intravedi le tre signore in formazione compatta, in tuta colorata e passo deciso, che avanzano come un bulldozer sociale.
Non camminano: invadono.
Occupano tutta la carreggiata sterrata, chiacchierano a volume “megafono”, e ti guardano male quando osi suonare il campanello.
Per loro, tu non sei un ciclista: sei un criminale su due ruote.
E se provi anche solo a passare a fianco, partono le accuse:
“Andate come matti! A 70 all’ora su ‘ste bici !”
Certo, su sterrato, controvento, con la ghiaia che scivola sotto le ruote… sì, 70 all’ora, come Valentino Rossi ma con le tasche piene di zanzare.
Loro, però, ci credono davvero: ogni ciclista è una minaccia pubblica, un missile umano pronto a travolgere comitive, cani e carrelli della spesa.
Peccato che la maggior parte del tempo i ciclisti siano fermi ad aspettare che qualcuno si degni di spostarsi di dieci centimetri.
Il regno del guinzaglio assassino
E quando pensi di aver visto tutto, arriva lui: il padrone modello con il cane al guinzaglio telescopico da 100 metri, perfetto per tagliare la strada a chiunque osi pedalare.
Il cane, ovviamente, non è mai dalla parte giusta: è sempre esattamente dove non dovrebbe essere, con il guinzaglio che fa da trappola laser degna di Mission Impossible.
Tu freni, sbandi, e rischi di finire nel canale, mentre il proprietario ti dice:
“Eh ma è buono, non morde!”
No, ma il filo di nylon sì — e lascia dei ricordi indelebili sulle tibie.
Il dramma dei pedoni da aperitivo
E se ti va male, incontri il gruppo misto:
una coppia con passeggino (in versione SUV), un tizio con bastoncini da trekking come se stesse scalando l’Everest, e le immancabili tre donne in formazione “triplo sedere corazzato”.
Loro sono l’ostacolo finale del videogioco chiamato “Ciclabile, livello inferno”.
Provare a superarli è inutile: si muovono sincronizzate, allargandosi ogni volta che tenti il sorpasso.
Altro che Mario Kart, qui serve un brevetto da stuntman.
Conclusione
La “ciclabile” è diventata un’esperienza spirituale: ti insegna la pazienza, l’autocontrollo e il valore del campanello come strumento di difesa personale.
Alla fine, non pedali più: mediti sul senso della vita, della convivenza e sul mistero di come qualcuno possa confondere 15 all’ora con 70.
Dovrebbero rinominarla “Percorso della Tolleranza” perché di bici, ormai, se ne vedono sempre meno.
