Elezioni Regionali: hanno vinto tutti (pure quelli che non si sono candidati)
È ufficiale: le ultime elezioni regionali hanno finalmente confermato ciò che sospettavamo da anni. In Italia nessuno perde. Mai.
Le urne si sono chiuse e, come per magia, dalle conferenze stampa è emerso che hanno vinto… tutti. Ma proprio tutti. Dal primo all’ultimo. Probabilmente anche il barista sotto al seggio.
D’altronde, la matematica sarà pure una scienza esatta, ma la politica italiana l’ha superata da tempo: qui la somma dei vincitori supera sempre il 100%. Un miracolo democratico che ci invidia anche il CERN.
“Abbiamo stravinto!” – Coro unanime delle forze politiche
Lo scenario è sempre lo stesso:
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La maggioranza dice di aver vinto perché “ha confermato il trend”.
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L’opposizione dice di aver vinto perché “ha invertito il trend”.
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I partiti minori rivendicano la vittoria perché “hanno raddoppiato i voti” (passando da 0,5% allo 0,8%, una crescita monstre).
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I candidati non eletti dichiarano: “Abbiamo perso, ma in realtà abbiamo vinto moralmente”.
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E gli astensionisti? Pure loro hanno vinto: “Abbiamo mandato un messaggio forte”. Quale messaggio? Boh, ma l’importante è vincere.
Siamo un popolo di 59 milioni di CT della Nazionale e 59 milioni di vincitori alle elezioni, anche se poi il risultato reale lo leggono solo gli addetti ai lavori… e non lo capiscono nemmeno loro.
Regioni: tutte “strappate”, “riconquistate”, “riportate a casa”
A sentirli parlare, sembra che ogni regione italiana venga regolarmente “strappata”, “riconquistata”, “ripresa”, “riportata al popolo”.
A questo punto sorge spontanea una domanda:
ma quante volte le perdiamo queste Regioni?
Devono essere più volubili di un iPhone con il 3% di batteria.
E poi, ogni vittoria è sempre “storica”.
La prossima volta suggerisco termini alternativi come:
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“Vittoria archeologica”,
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“Vittoria epocale al quadrato”,
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“Vittoria che manco Thanos”.
La vera certezza: l’arte del ribaltamento comunicativo
Il bello non è chi vince, ma come vince.
Ogni partito ha un ufficio comunicazione capace di trasformare un pareggio in un trionfo, e una batosta in un “segnale incoraggiante”.
Le frasi più gettonate includono:
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“L’importante era esserci.”
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“Il territorio ci ha riconosciuto.”
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“Abbiamo intercettato il malcontento.”
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“Il voto va interpretato.” (Traduzione: non abbiamo capito nulla, ma suona bene.)
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“Un risultato che ci dà forza per continuare.”
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“La sfida vera è la prossima.” (perché questa non è andata benissimo, ma non ditelo.)
È la politica 2.0: la realtà è opzionale, la narrazione no.
Conclusione: tutti vincitori, elettori sempre secondi
Alla fine resta solo un interrogativo:
se vincono tutti, chi governa?
Domanda interessante, ma completamente fuori moda.
Oggi l’importante non è amministrare: è uscire dalla conferenza stampa con un sorriso smagliante e una frase pronto-uso da servire ai social.
Noi elettori, invece, ci guardiamo allo specchio e ci chiediamo:
“Abbiamo vinto anche noi?”
La risposta è sempre la stessa: “Sì, certo”.
Ma giusto perché ormai vinciamo tutti, no?
