Gli haters professionisti: quelli che commentano prima ancora di leggere

 

“L’importante è indignarsi, non capire”

Se esistesse un campionato mondiale dell’indignazione istantanea, l’Italia porterebbe a casa medaglie d’oro, d’argento e pure quelle di latta.
Il fenomeno ormai è chiaro: c’è una categoria di utenti, gli haters professionisti, che possiede una straordinaria abilità naturale, quasi da superpotere.
No, non leggono velocissimo.
No, non capiscono meglio degli altri.
Semplicemente commentano prima ancora di aprire il post.

Una specie evoluta di critico digitale, metà lettore, metà sfera di cristallo, capace di emettere giudizi granitici basandosi esclusivamente su:

  • la prima parola del titolo,

  • un’immagine vista di sfuggita,

  • oppure l’antico oracolo di “me l’ha detto mio cuggino”.

Il rito sacro dell’indignazione immediata

La liturgia è sempre la stessa:

  1. Vede il post.

  2. Sente un’irresistibile voglia di offesa.

  3. Non legge.

  4. Commenta come se avesse appena decifrato i rotoli del Mar Morto.

  5. Solo dopo, forse, scopre che l’articolo diceva l’esatto contrario.

  6. Ma ormai è troppo tardi: il danno, il flame e la confusione sono stati seminati.

Il bello?
Sono indignati per qualsiasi cosa: un titolo neutro, una notizia banale, un meme innocuo.
Perfino un post sul meteo può generare il classico commento:

“Eccolo! Articolo fazioso!!!”

Sì, certo, fazioso. Il meteo.

Il fastidio come stile di vita

L’hater professionista non vuole informarsi: vuole provare disagio attivo, il suo hobby preferito.
È un atleta del malumore, pronto a scattare ai 100 metri del giudizio affrettato.
Se qualcuno osasse invitarlo a leggere prima di commentare, reagirebbe con la frase rituale:

“Non devo leggere niente, ho già capito!”
Che, tradotto, significa:
“Io non leggo. Io sento.”

E perché esistono?

Semplice: perché i social gli offrono l’habitat perfetto.
Sono come i piccioni nelle piazze: una volta che scoprono che c’è pane secco (aka: i commenti), non se ne vanno più.

In più, c’è una perversione digitale molto diffusa: l’indignazione dà gratificazione immediata.
Un piccolo sballo emotivo.
Costa zero, non richiede competenze, e fa sentire importanti.
Un po’ come urlare alla TV, solo che ora lo possono leggere tutti.

Conclusione: leggere è sopravvalutato, indignarsi no

Il fenomeno non sparirà, perché è comodo, veloce e… onestamente, anche un po’ divertente da osservare.
Ma resta un mistero affascinante: in un mondo dove tutti hanno uno smartphone potentissimo in tasca, lo strumento più sottoutilizzato continua a essere il cervello.

Condividi

Potrebbero interessarti anche...