Mission (Chip) Impossible: la UE si scopre sorpresa che i microchip non crescono sugli alberi

Bruxelles, ore 9:00: un funzionario europeo, davanti a un caffè da 4 euro nella sala conferenze, scopre che, incredibile ma vero, i chip per le auto non si producono da soli. Panico a tutti i piani: le scorte di silicio stanno finendo e la colpa, naturalmente, è “della Cina”.

Il commissario Sefcovic, tra una riunione sul Green Deal e una videochiamata con Pechino, ha dichiarato di essere “al lavoro per trovare una soluzione sulle terre rare”. Tradotto dal burocratese: stiamo cercando di capire cosa siano le terre rare, e intanto spediamo qualche email con oggetto “Urgente!!!”.

Nel frattempo, l’Acea, l’associazione europea dei costruttori di automobili, lancia l’allarme: senza chip, le linee di assemblaggio si fermeranno. “Alcuni produttori stanno già lavorando con gli ultimi microchip rimasti”, si legge in una nota. C’è chi li tratta come reliquie: c’è chi li incensa, chi li conserva in cassaforte, chi li monta solo sulle auto destinate ai dirigenti UE (priorità, ovviamente).

Il paradosso è che le vendite di auto stavano finalmente ripartendo: +10,7% a settembre! Ma, come da tradizione europea, ogni volta che qualcosa inizia ad andare bene, arriva un dossier di 200 pagine da Bruxelles per spiegare perché in realtà non dovrebbe.

La situazione è così surreale che si potrebbe proporre una nuova linea di veicoli: “EU Edition”, auto che si accendono solo dopo l’approvazione del Parlamento e che si spengono automaticamente se si supera il limite di emissioni… verbali.

E mentre si parla di indipendenza tecnologica, sovranità industriale e “catene del valore resilienti”, in realtà l’Europa sta chiedendo a Pechino:

Scusate, potremmo avere un po’ di chip? Promettiamo di comportarci bene questa volta.”

Magari la prossima volta Bruxelles capirà che il vero problema non sono le terre rare, ma la logica rara.

Condividi

Potrebbero interessarti anche...